Il Blog del Gigante

Dove c'è tana c'è casa


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La peggio vecchitudine

Si dice tanto che si vive tanto se si fa una vita attiva all’aria aperta, magari seguendo la dieta mediterranea o una dieta a base di pesce. Beh mi sa che ci hanno imbrogliati.

Fino a metà degli anni ’70 il Giappone non era fra i primi 20 per longevità, l’Italia ci è arrivata negli anni ’80. Negli anni ’50 e ’60 c’era la Norvegia in cima alle classifiche, dove si mangia cibo mediamente più grasso e si sta 6 mesi quasi al buio.

Ragazzi, io vi dico che ho capito leggendo questo genere di statistiche. Chi campa tanto è perché non è povero.

[image “vecchietto che va in skateboard” generated by Bing]


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Considerazioni spicce


Chi non sta male, o non è mai stato male, non lo sa cosa vuol dire. Non sa quanto è pesante, quanto è faticoso: soprattutto per chi ha una malattia di lunga durata, una malattia cronica, una malattia rara. Non lo sa che peso è portarsela dietro, che peso è per chi ti sta vicino, per i propri cari che ti offrono il loro aiuto e supporto.


Si pensa che quel poco di aiuto che viene dato dallo Stato, qualche volta quei pochi soldi, siano una cosa da invidiare, un privilegio: ma non sono che una briciola nel mare di fatica e di soldi spesi in medicine e cure. Sì perché anche dal punto di vista economico la spesa può essere spesso enorme, che magari non tutti si possono permettere. Il SSN copre le cose più importanti, certo, e senza di quelle sarebbe un problema, ma ci sono una marea di altri presidi medici o visite urgenti o dispositivi particolari, da pagare di tasca propria.


Chi è più fortunato riesce a procurarsi le cose che lo aiutano a condurre una vita piena, altri si devono accontentare del minimo vitale, a scapito della propria qualità della vita. Questa è una grande ingiustizia.
Inoltre, quasi nessuno ha un supporto psicologico gratuito e molti sono lasciati ai loro demoni. Ognuno deve pensare da solo al proprio benessere, anche i familiari e soprattutto i figli delle persone malate che sono i più esposti alle problematiche legate alla malattia dei propri genitori.


E questo accade in Italia, dove il sistema sanitario è di alto livello, non immagino neanche cosa succeda in altri posti, dove il servizio sanitario è carente o privato.


Quindi, prima di lamentarsi di un problema personale, si dovrebbe a volte anche provare a mettersi nei panni altrui.

[Immagine generata con Bing Image Creator]


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Fenomenologia del rutto

Iniziamo innanzitutto precisando che si dice rutto con la u, e non rotto come spesso si sente dire. Questa variante errata è solo una forma di ipercorrettismo diffusa soprattutto a Roma, per quanto ne so.

Distinguiamo come prima cosa le due tipologie esistenti: i rutti secchi e i rutti umidi.

I rutti secchi possono essere semplici ruttini o aumentare di intensità e/o di durata, trasformandosi in rutto-bomba (breve durata ma intensità importante) o rutto parlante (lunga durata e buona intensità), di cui forniamo un esempio tratto dal film Ovosodo di Paolo Virzì.

In questo ultimo caso bisogna saper usare bene il diaframma per consentire una emissione uniforme durante tutta l’eruttazione, evitando di perdere di volume in alcune delle sue parti, ad esempio alla fine. L’utilizzo di bevande gassate per produrre quest’ultima fattispecie di emissione è da sempre considerata alla stregua del doping.

Particolare categoria di rutti secchi sono i rutti silenziosi, che possono essere il classico “pst” di fine pasto o il rutto sibilante di lunga durata, utilizzato soprattutto come sfiato silenzioso in situazioni poco consone all’emissione sonora.

I rutti umidi sono invece la più spontanea forma di emissione, caratterizzata dal riempimento della faringe con fluidi in risalita. Spesso lasciano l’amaro in bocca e sono difficilmente modulabili e arrivare alle forme artistiche espresse dai rutti secchi. Di solito di durata breve o medio-breve, sono più frequenti nei soggetti più inclini alla gastrite o all’ernia iatale.

Nella prossima puntata proporremo un’analisi dettagliata delle flatulenze.

[immagine generata con starryai]


Il lupo perde il pelo ma non il vizio

Ed è la quarta? quinta? volta che andiamo giù in Cilento.

Come alloggio continuiamo a prendere una stanza dalla nostra amica Speranza del B&B Bel Tempio a San Giovanni a Piro. Un po’ in collina, meno caldo, con piscina inclusa e ristorante ottimo ed economico.

Quest’anno tutto riposo. Ci siamo concessi anche una gita in barca noleggiando un piccolo motoscafo con tendalino per la giornata (€120 per tutto il giorno, compresa la benzina). In questo modo abbiamo raggiunto una serie di calette che non avevamo ancora mai visto e abbiamo fatto un po’ di snorkeling come si deve.

Gli altri giorni siamo tornati a Sapri e a Palinuro che offrono spiagge belle e comode. Pranzo al sacco con panini (ottimi) preparati al super di Scario: non materie prime da GDO ma roba di qualità da produttori locali.

E prima di tornare un salto a un vivaio di Policastro Bussentino per prendere a prezzo più basso che a Roma qualche piantina per il giardino.

Qui qualche foto della vacanza:


Castel Sant’Elia / Nepi

Siamo stati due giorni nella zona di Nepi / Castel Sant’Elia e abbiamo scoperto una parte del Lazio (a un’oretta da casa) che non conoscevamo ma che abbiamo amato da subito.

Immersi nella natura e circondati dalla storia (Etrusca e Romana). Contrariamente ad altre zone, anche nella Tuscia, queste località sono immerse nei boschi e non solo nei noccioleti.

Di seguito trovate alcune foto del nostro viaggio:

Nel repository di immagini c’è il photoset completo.


Mi faccio crescere la barba

Stufo di radermi, anche solo con il regolabarba e pur lasciando il pizzetto, ho deciso alla fine di lasciar crescere il mascolo vello.

Dopo un po’, però, ho notato un aspetto piuttosto trasandato con la barba lunga, perciò mi sono comprato alcuni articoli buoni per la cura del pelo facciale.

Per ora mi sono accontentato di pettinino, spazzola da cavallo barba e balsamo modellante.

Vediamo cosa tiro fuori… Amici (o al limite amiche) barbuti, voi come curate la copertura della vostra faccia?