Il Blog del Gigante

Dove c'è tana c'è casa


Le serie televisive in Italia

Volevo parlare quest’oggi delle serie televisive per come vengono proposte in Italia, come anche un bonobo poteva capire dal titolo.


Noi siamo affezionati alle serie, da quando, per noi cresciuti negli anni ’80, li chiamavamo telefilm. Allora non ci rendevamo conto dei danni che venivano fatti qui da noi, vuoi perché non capivamo ancora un cacchio, vuoi perché le belle serie di una volta avevano quasi tutte quelle belle puntate con storie autoconclusive e con la morale che come le guardavi le guardavi andava sempre bene (vi ricordate i Robinson?), vuoi perché ci eravamo già abituati visti i casini fatti anche con i cartoni animati. Oggi che siamo cresciutelli, sappiamo che all’estero, e in particolar modo negli Stati Uniti dove ne vengono prodotte in gran quantità, le serie hanno dignità tecnico-artistica molto elevata. Qui nel Belpaese invece, sono viste dalle TV generaliste come ottimi tappabuchi nel palinsesto, generando dei fenomeni alquanto bizzarri:

  • stagioni diverse della stessa serie su diverse reti: Canale Sei compra la prima serie, La Mille la quinta e la mandano nello stesso periodo; e un povero spettatore sta lì a chiedersi “ma questo non era morto?” oppure “ma ‘sti due quando se so messi insieme?” senza capire più un tubo o arrovellandosi per ricostruire la trama su Internet.
  • continui riavvii da capo: “ok, ragazzi, abbiamo comprato la 9a serie ma col doppiaggio non ci arriverà prima di febbraio dell’anno prossimo, direi di rimettere in onda la prima, così riempiamo”
  • il doppiaggio: abbiamo i doppiatori più bravi del mondo, è vero, solo che il personaggio della serie che stai vedendo ha la stessa voce di una cinquantina di altri tizi in giro per l’etere, dall’orsacchiotto pucciotto del cartone allo stronzo patentato della serie poliziesca; in più, in paesi con i doppiatori dimmerda i ragazzini si vedono la roba in lingua originale e ci danno le piste con l’inglese; fortuna vuole che cominciano ad aumentare le serie con la doppia lingua sul DT.
  • alcune serie, non si sa per quale motivo, mandate in replica in continuazione a tutte le ore, come Desperate Housewives o Gray’s Anatomy: sembra di vedere lo spot-parodia di Ginnaste – Vite di merda della Guzzanti: “tutti i giorni, a tutte le ore, su MTV”.
  • l’invasione di alcuni generi (vedi il genere crime o quello medical): mi immagino che, al funzionario della TV generalista che va a comprare le serie negli States, se gli propongono una serie – chessò – di fantascienza o – ommioddio – horror viene un coccolone; eppure una volta andavano così bene anche gli altri generi…
  • nei casi peggiori, poi, abbiamo pure puntate messe in onda in ordine casuale: ma che lo stagista vi ha scambiato le custodie delle videocassette?
  • le puntate fuori contesto: ne vogliamo parlare di noi che il 15 luglio ci vediamo la puntata natalizia della nostra serie preferita?

Menzione di disonore, infine, per le serie di produzione italiana degli ultimi anni, che nel 90% dei casi si avvicinano come concetto più alle soap opera sudamericane, con tutto il rispetto, per fare un esempio, per Grecia Colmenares che all’epoca d’oro delle soap la pagnotta la portava a casa più che dignitosamente, che alle grandi serie vincitrici di premi Emmy o ai grandi sceneggiati degli anni “di qualità” della RAI. Non a caso il mondo delle serie italiane ha fornito una vera e propria profusione di spunti per la satira sul mondo televisivo, con l’esempio lampante dalla serie italiana (che sta nel 10% “buono”) Boris (tra l’altro mi rendo conto solo ora che in effetti in questo post sto parlando come il personaggio di Stanis La Rochelle).

Quanto esposto in questo articolo vale sicuramente, come già dichiarato all’inizio, per le TV generaliste. Meno so dei canali satellitari, che invece credo abbiano un taglio più simile alla concezione originale, anche se non ne sono sicuro visto che non frequento.

Concludendo, una domanda ai direttori dei canali televisivi del digitale terrestre:

che male vi abbiamo fatto?

Foto «television transmission tower» sotto licenza Creative Commons 2.0 (BY), presa dall’Album Flickr di woodleywonderworks e per la precisione da qua.

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Già visto grazie…

Mi è capitato di recente di vedere un famoso gesto (diciamo “circolare”) utilizzato da una nota banca italiana nelle proprie pubblicità, usato nella sigla di un programma televisivo inglese di viaggi. Stesso gesto stessa inquadratura, stesso strumento utilizzato, solo l’abbigliamento del protagonista era diverso.

Mi è capitato di vedere la stessa immagine (di carattere mitologico), usata nel logo di una nota multinazionale della ristorazione (diciamo di “bevande calde”, a quanto mi risulta ancora non presente in Italia, ma magari sono rimasto indietro io), inserita in un mosaico vecchio di millenni di una basilica del sud Italia. Tra l’altro, se volessi fare concorrenza poco corretta all’azienda di cui sopra, accordandomi con il comune di cui sopra per lo sfruttamento dell’immagine come logo, potrei farlo senza essere tacciato di violare il marchio della multinazionale.

Mi pare decisamente che negli ultimi tempi ci siano alcuni problemini nel mondo dei creativi… Non è neanche il caso di invocare la “convergenza di idee” poiché, comunque, al giorno d’oggi mi parrebbe d’obbligo verificare attentamente le similitudini delle proprie intuizioni con altre idee già sviluppate e esistenti in giro (tanto per evitare le figuracce successive). Un logo, con Google Immagini, ormai si verifica anche facile anche per similitudine, forma e colori…


In un’altra vita

In un’altra vita voglio diventare un conduttore di programmi di viaggio.
Magari non di sopravvivenza come Bear Grylls (I’m not ready to drink my own piss) e un tantino più avventurosi di Osvaldo Bevilacqua.
Vorrei essere uno di quelli i cui programmi vengono programmati da Rai5, tipo Antoine de Maximi (che su Wikipedia risulta come globe trotter), quello che fa il giro dei tropici o quelli di Globe Trekker.
Ma anche Syusy e Patrizio vanno anche bene!


Il meraviglioso mondo di Csaba

Ovvero lezioni di cucina per chi ha veramente poco da fare durante la giornata.

Immagino già la scena: la mia compagna si sveglia alle 6 per farmi la colazione e mi prepara un vassoio (!) (credo sia del ‘600) con sopra il servizio buono da tè (!!), quello con i bordi col filo d’oro, per portarmi la colazione a letto (!!!), non prima però di avermi fatto una composizione floreale con le rose appena colte dal giardino (!!!!)…
Ah, dimenticavo. Il tovagliolo è decorativo perché per il bon ton non ci si pulisce la bocca.

Sì, vabbè! L’unica cosa vera è la sveglia alle 6, ma più una cosa alla Fantozzi, con i tempi cronometrati altrimenti si perde la coincidenza dei mezzi pubblici.

La pagina Miso con i dettagli del programma la trovate qui.


Buddy Valastro (per i maniaci di RealTime)

Buddy Valastro.

Sarai pure un ottimo pasticciere, ma

PER FAVORE

non cucinare quell’altra roba(ccia) chiamandola cucina italiana (nell’altro programma).

Una volta ho visto un mischione fatto con parmigiana di melanzane, pasta, pollo fritto e non so che altro: tutto nella stessa teglia e tutto in forno…

PER FAVORE


Il noioso e la rosicona

Forse ho capito il battibecco fra la Guzzanti e Fiorello.
L’altra volta non avevo visto la puntata e, guardando solamente gli spezzoni su Internet, non avevo compreso le critiche della Guzzanti. Stasera, invece, vedendo la puntata per intero, forse capisco quell’aggettivo “noioso”: la trasmissione infatti è un varietà vecchio stile, con tanti interventi musicali e di profilo molto da tv generalista (del resto è una prima serata su Rai1) e forse ci si sarebbe aspettato un qualcosa di più innovativo come impostazione (a parte i continui richiami a Twitter). Alcuni pezzi (ovvero gli spezzoni che vanno a finire poi su Youtube) sono di alto livello e molto divertenti.
Forse uno spettacolo più corto e con ritmi più serrati sarebbe stato preferibile.
My two cents.