Il PD in questa tornata elettorale ha sicuramente avuto un risultato positivo. La “cura Z” del nuovo segretario sta sicuramente funzionando. Però, i vertici si devono ricordare che il centro-sinistra alle europee fa sempre risultati migliori e consolidare il trend è tutt’altro che facile. La strada è ancora molto molto in salita.
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Poi dice che uno si butta a sinistra…
Ultimamente leggo in giro critiche sulla radicalizzazione dei maggiori partiti di sinistra europei (e non).
Queste critiche riguardano il fatto che degli irresponsabili vogliono spostare più a sinistra il baricentro di tali partiti facendo sì che a future elezioni queste forze saranno destinate a sicura sconfitta. Per capirci, parliamo dei Laburisti inglesi, degli stessi Dem americani nelle primarie e, per ultimi, dei Socialisti francesi: in Italia “voglia di sinistra” c’è ma per ora sembra solo guidata da logiche di scontro interno e soprattutto è malata dello storico scissionismo delle sinistre italiane (o meglio fissionismo, come dice Makkox, perché la somma delle parti elettoralmente non dà mai il totale). Molti critici legano incontrovertibilmente questo slittamento a una paura delle destre estreme e dei populismi, creando secondo loro un controeffetto che peggiora solo la crisi elettorale della sinistra.
Non che il fenomeno in questione non porti a sconfitta elettorale (vedi la Clinton), però questa analisi rischia di essere piuttosto superficiale e considera il comportamento della massa elettorale in maniera piuttosto naïf: non dico che per una parte degli elettori i sentimenti più bassi come la paura non siano reali, ma sono sicuramente secondari rispetto a un motivo che va cercato a monte.
Il fenomeno di left-shifting (tanto per creare un neo-anglicismo) secondo me è guidato soprattutto dal dissenso verso quella classe dirigente delle sinistre che ha individuato nell’economia di stampo liberista e nell’appiattimento verso le politiche di un’Unione Europea in questi anni smaccatamente destrorsa la propria anima: in poche parole gli elettori di sinistra si sono stufati del cosiddetto blairismo e degli ammiccamenti verso l’elettorato di centro-destra degli ultimi anni. Questo fastidio non è dato da un capriccio, ma dall’essersi resi conto che queste politiche non solo non funzionano in linea generale ma stanno togliendo a ciascuno quel piccolo insieme di diritti civili conquistati faticosamente nei decenni. E’ ovvio che se ci si sente promettere che (in cambio di un po’ di diritti) diventeremo tutti più ricchi e poi questa previsione non si avvera, un po’ di risentimento inevitabilmente sale.
Lo radicalizzazione, infine, non sarebbe neanche da considerare tale, ma è naturale sbocco di una mancanza di alternative. Alcuni elettori insoddisfatti e traditi sceglieranno l’astensione e il non voto come soluzione, ma molti sceglieranno gli esponenti radicali all’interno della propria area culturale, semplicemente perché sono l’unica alternativa possibile. Difatti, in tutti i partiti di sinistra, mentre gli esponenti più radicali ci sono sempre stati e hanno le stesse posizioni più o meno da sempre, i cosiddetti moderati si sono tutti appiattiti verso la cultura dominante (che come detto è il blairismo in tutte le sue declinazioni): in pratica non ci sono più moderati – di sinistra – che non siano percepiti dall’elettore medio come affiliati all’establishment che li ha traditi.
In conclusione, sebbene non sembri, nei partiti di sinistra europei (e non) mancano le care vecchie correnti politiche, ovvero non ci sono più correnti che coninughino aspetti prettamente di potere con aspetti culturali, cioè che propongono una visione dell’essere di sinistra™ propria. Quindi, come al solito, il problema è culturale e risiede nell’assenza di formazione per una classe politica e dirigente degna di questo nome, ma nessuno che tenti di risolverlo.